domenica 30 dicembre 2012

Epilogo di A

Eeeeeeeeeeeeeeeed eccoci di nuovo qua.
Oggi sono incazzata. Che è più che altro un residuo di incazzatura di ieri, ma non fateci caso.

Vi ricordate di A. no?

Bene bene.
Si è trovato la morosa. Una sciacquetta del '94 che a 18 anni deve ancora finire lo IAL. Non so che peso abbia questa scuola dalle vostre parti, ma da noi si legge "per uomini che vogliono vincere facile", if you know what I mean.

Vabbè, la cosa di per sè mi tocca relativamente. L'ultima volta che l'ho sentito è stato due settimane fa, era il suo compleanno e gli ho fatto gli auguri, giusto per on fare la figura della faccia di merda.
E poi ho i miei intrallazzi in giro, lui lo calcolavo ben poco; diciamo che lo tenevo come riserva delle riserve, senza neanche troppe speranze.
Quindi, della cosa, come mi piace dire, "me ne fotte sega".
Ma?
Ma.

Ma le cose cambiamo nel momento in cui la mia amica G. si vede con C., amico di A., (più lettere vi prego, più lettere! Scusate la confusione), e il dialogo che avviene è più o meno questo.
G: [...] ma Aleh non si sentiva con A?
C: sì, perché?
G: ma perché è finita? Cioè, all'inizio clei mi raccontava, ma poi non mi ha più detto nulla...
C: eh, lui le scriveva e lei non rispondeva.
G: *soffoca per trattenere una risata apocalittica*

Ora.
Vecchio bene parliamone.
Quand'è, esattamente, che IO avrei mancato di rispondergli?
E le volte che lui mi invitava ad uscire è mi tirava paccone perché PIOVEVA?!
No che IO ho cominciato a scrivergli, poi lui ha smesso di rispondermi, dopo SETTIMANE ho provato ad invitarlo fuori, mi ha tirato pacco nel giro di DUE ore, non si fa risentire per altro tempo, guardacaso mi faccio risentire IO, MI CHIEDE DI USCIRE LUI, mi tira pacco perché PIOVE, e ricorderò per sempre quello che ci siamo detti in tale occasione:
A: [...] dai magari facciamo un'altra volta, quando c'è bel tempo magari.
Aleh: okay okay...f
dimmi tu quando sei libero, che io ho gli orari più elastici.
A: perfetto.

Mai più sentito.

Ma è colpa mia.
Oh, certo vecchio, è colpa mia.

Eh vabbè, tu pensi "avrà perso interessa", o un po' più drastico "evidentemente non gli interesso".

E poi ti senti dire che non gli rispondevi ai messaggi.
Vedete, è questa la parte che mi fa incazzare.
Perché, okay, non è successo nulla, ti metti anche l'anima in pace ad un certo punto, che altro puoi fare?
E' naturale perdere interessa, specialmente alla mia età, specialmente all'inizio.

Ma non accetto in alcun modo una giustificazione del genere.
Evidentemente c'ho scritto "cogliona" in faccia.
Che poi, chissà perché è andato a dire ad un SUO amico così.
Ma che scusa è?!

domenica 23 dicembre 2012

Aspettando il karma

Lo ammetto. Durante la settimana precedente ho chiaramente pensato che sarei stata io la causa della fine del mondo.
Le cose mi stavano andando troppo bene, stava andando tutto troppo secondo i miei piani.
Dovevo ripagare tutto, in qualche modo.
E quando finalmente è successo, quando ho ottenuto quello che volevo da F., vale a dire "la pace dei sensi", e si dà il caso che sia stata anche una cosa molto wow.






E non ho aggiornato, perchè ero sempre su a Udìn.
Sì, che tra l'altro sono finite le lezioni, e io ho tutto meno che quella sensazione.
Sono certa che domattina mi sveglierò pensando "Ommiodio devo prendere il treno, cazzo sono tardi, cazzo sono tardi, cazzo non posso saltare che quella di francese prende le presenze altrimenti...no, gran calma. Che giorno è?"
E quindi rendermi conto che è la vigilia di natale e imprecare davvero.

Chiamatemi pure IlGrinch, ma io il natale lo odio. Sarà che la mia famiglia non la sopporto, a partire da quel borghese di mio zio che si dà arie da intellettualedelcazzo, insinuando che McEwan scriva per soldi.
Anche se, pensandoci, anche Dostoevskij scriveva per soldi.
Quindi?
Vabbè, poi finiamo con quell'aristocratica mancata di mia nonna.
Che dovete saperlo, mia nonna è piena di soldi. Fuori maniera.
Per dirvi, doveva andare a comprare un telecomando nuovo per il decoder, ed è tornata a casa con una televisione nuova. [per poi scoprire che il telecomando non era rotto, ma avrebbe semplicemente dovuto cambiare le batterie =____=]
Oltre ai fattori soldi, mia nonna è fissata con delle cosìdette tradizioni, e se le manchi o ti ribelli ti taglia i fondi.

Io, visto che sono furba e che evidentemente all'epoca (tra la terza media e la prima superiore), pensavo che bastasse piantare una monetina per veder crescere un baobab di soldi, mi sono ribellata. In breve:
tutta quella parte della famiglia, la parte materna, è andata allo scientifico. Tutta. Da mia madre e mio zio (che ora ci insegna), a mio fratello e i miei due cuginetti.
Può sembrare una cazzata ma NON E' COSI', perchè io alle medie giravo col mio bel Woolrich nuovo di pacca da centinaia di euro, ma dal momento in cui io ho preso l'inappellabile decisione di andare all'artistico, pian piano sono finita ad indossare cappotti da 70€ di H&M.
Per farvi capire.

Si prospetta un GRANDIOSO NATALE.



venerdì 14 dicembre 2012

Di uomini #1 - L'ex-galeotto

Sono abbastanza convinta che il mio post abbia carenze di attenzione.
Ma vabbè. Io sono pigra.
Ad ogni modo, visto che fuori fà un freddo becco, e che nessuno dei miei amicici mi risponde (tranne chi non esce, chiaramente), mi sà che stasera si sta a casetta a guardare American Beauty e scrivere cazzate.
QUINDI, visto che mi si era detto che "l'altra storia" pareva interessante, allora è giunto il momento di raccontarla.
E per raccontarla bene, và inserito un prologo autobiografico (tratto da una chiacchierata da bar con una mia amica un annetto fa) che ho utilizzato per una cosetta che starei scrivendo.

Negli ultimi mesi era sempre stato così.
Più che appuntamenti, i miei, sembravano provini, casting 
per qualche reality show di lega infinitesimale.
Le situazioni variavano da me che, o arginavo la schiacciante tentazione
di chiudere con un "le faremo sapere...il prossimo!", o sempre me che
guardavo con impazienza l'orologio in attesa che passassero i tragici sessanta
minuti per sentirmi dire finalmente "e sai perché? Perchè io sono un attore,
loro sono tutti attori, quelle sono telecamere e TU SEI SU DISASTER DATE!",
per poter tirare un sospiro di sollievo e tornare a casa a guardare Il Diavolo Veste Prada
imbottendomi di dolci comprati con i miei sudati sessanta euro.
Invece no.
Invece, quei appuntamenti con ragazzi anche potenzialmente interessanti
erano fottutamente reali, e ancora più fottutamente tragici.

Infatti, io quando parlo con sincero terrore dei miei primi appuntamenti (intendo ogni prima uscita con un ragazzo), non ho alcuna esitazione a definirli apocalittici.
E sono qui apposta per porre sotto il vostro attento occhio scrutatore quello che può essere L'ESEMPIO PERFETTO per farvi capire cosa sono costretta a vivere da quando Dio o chi per lui (per la cronaca, sono agnostica) mi ha fatto dono degli ormoni.
Della serie.
Grazie ma non serviva.
L'esempio, che dal vivo presenterei pronunciando col debito phatos "L'APPUNTAMENTO", calcando l'articolo determinativo accompagnando il titolo con un movimento plateale della mano destra da sinistra a destra, riguarda un individuo che i miei amici hanno soprannominato John Smith.
Sì, i miei amicici adorano dare nomi a cose, persone, città. Nomi spesso inopportuni.
John Smith perché è un americano.
Capitemi, ho una base americana a venti chilometri, la mia città pullula di americani che tutt'ora girano in pantaloni al ginocchio e casacche da basket.

Ad ogni modo.
L'incontro avvenne in un caldo pomeriggio di quest'estate, e stavo slegando la mia bici quando mi sento parlare. Alzo lo sguardo e mi trovo questo individuo con un accento americano da annodarti le corde vocali e due occhi azzurro ghiaccio. Oh. Mio. Dio.
Mi chiede se parlo inglese e convintissima rispondo di sì, che poi il suo accento (che grazie ai telefilm subbati ho riconosciuto come del south) non era poi così incomprensibile; vabbè, mi chiede dove avrebbe potuto trovare un negozio di cibo per cani e glielo indico, poi attacca, il marpione.
"ma sai che sei davvero carina?", in inglese, naturalmente.
Ora. Ora.
Io ho il mio ego, se lo gonfi io quasi automaticamente ti amo.
Morale, parliamo un po' e gli sgancio il numero, che dalla prima volta ho imparato e queste occasioni ce le hai una volta UNA.
Tanto, dico, non mi scriverà mai.
 Infatti il giorno dopo mi scrive.
Chiedendomi di uscire a cena. Rifiuto con garbo e propongo un caffé il giorno dopo ancora, che a cena con uno sconosciuto mi sento in imbarazzo totale e il caffè alla fine e la versione italiana del "drink" o della cena americana.
L'avessi mai fatto.

Quando lo rivedo, il giorno dopo, mi rendo conto di un piccolo particolare che non avevo constatato, di un piccolo fatto che avrei dovuto calcolare.
Lo scalino. 
Quando mi ha parlato la prima volta, era su uno scalino.
Ora mi arriva a metà della testa.



Chiamatemi superficiale, ma l'unica cosa fisica sulla quale davvero non transigo è l'altezzo. Due centimetri più di me minimo, per favore. Ti prego.
Vabbè, dopo lo shock iniziale ho deciso di lasciar perdere. "Devi andare oltre a queste cose, Aleh, non essere superficiale", mi dissi. E così feci. 
Non sapevo che era un segnale d'allarme. Come potevo?

Venne fuori che era un militare della base (prevedibile), un paracadutista. Aveva (e ha) due cani, un paio di anni più di me e un senso dell'umorismo carino. 
Poi cominciarono le domande imbarazzanti.
Vabbè mi ha chiesto "if I talk dirty", cosa che ho potuto negare abbastanza facilmente visto che, pur conoscendolo più o meno tutte, non mi sento a mio agio a dire parolacce in altre lingue.
Passa un bambino e vede che lo guardo. Mi chiede:
"Do you like children?"
"Well...I would say <yes>, but the truth is that I like them when they don't yell".
"ahahah...do you have children?"

Momento di panico.
Nonononono non può essere successo davvero. Ho capito male. Ho SICURAMENTE capito male.
La mia faccia vaglia una sessantina di espressioni diverse prima di avere il coraggio di chiedere.

"you...you mean...if I have a daughter or a son?"
"...yeah..."
"oh nononono".

Quante di voi possono vantare di essersi sentite chiedere se avevano figli, durante un primo appuntamento?
E non è neanche la scena peggiore.
Alla fine, per lui, era normale come domanda. Negli U.S.A. c'è un tasso di natalità altissimo, anche tra i giovanissimi.

Ma ora la portata principale.
Il vero motivo per cui ho messo il post.

Dopo un po' che parlavamo, naturalmente avevamo esaurito gli argomenti. Quando mi viene la domanda geniale, ma così geniale che non so perché non l'avevo tirata fuori prima.

"If I can ask you about it...why did you decide to join the army?".

E lo vedo che un po' si agita sulla sedia. Ritratto, gli dico che se è troppo personale non è un problema, ma lui dice che è tutto apposto.
La risposta, e dopo questa chiudo questo post lunghissimo.

"Well, the judge made me choose if remain in jeal or join the army".

 Nella mia testa:





Ed ecco a voi, miei signori, la storia del galeotto.
Una storia vera.

mercoledì 5 dicembre 2012

Nemico Pubblico

Se c'è una cosa che adoro, proprio ADORO è quando a lezione di letteratura l'argomento è qualcosa di stimolante, o che mi piace. Come quando a letteratura russa abbiamo fatto "Maestro e Margherita", o a letteratura inglese abbiamo fatto "Dottor Faust" di Marlowe.
Figata.
Questo perché poi si passano lezioni su lezioni a sezionare l'opera in relazione con sè stessa, poi con la vita dell'autore, poi col contesto socioculturale dell'epoca.
Che rende molto più bello, inverosimilmente più bello leggere un romanzo come MeM sapendo che ogni maledettissimo numero in quel libro, se se ne sommano le cifre, viene fuori 5 che è il numero cabalistico del diavolo. O se sai che anche Bulgakov, come il Maestro, ha bruciato il manoscritto. E che di conseguenza quando Woland dice "i manoscritti non bruciano" ti gasi abbestia.
O che l'angelo buono e l'angelo cattivo parlano a Faust con blank verse o no in base a quale dei due sia più vicino all'indole del mago in quel momento. E tutte le teorie sulla dannazione eterna e sull'inferno che si intrecciano con le "guerre tra chiese" che ha vissuto Marlowe. E' tutto collegato ragazzi, tutto collegato.

Strafigata.

Ma la cosa che AMO è quando una di queste opere - che ormai ti è andata sotto-pelle e manca un attimo che la citi chiedendo a tua madre di andarti a comprare il latte detergente, da quanto ce l'hai in testa - entra quasi letteralmente nella tua vita.
Ve spieghe.

Vedete, io dico sempre "odio quella ragazza" "odio quel tizio" "ommiodio quella, ma quanto la odio!", ma alla fine, logicamente, la definizione per quello che provo per quelle persone è che, diciamo, se non le vedo sono più felice. Anche il mio disprezzo è, per così dire, una specie di macchinazione teatrale (io amo la teatralità), o una generalizzazione senza alcun fondamento. Finto.

Ma a volte capita.
Senti che l'hai trovato.
Il tuo nemico è lì che ti marcia davanti, e lo senti! Lo senti che è vero disprezzo!

Ne ho avute due nella storia della mia vita.
Con una adesso si potrebbe anche dire che sono in buoni rapporti, visto che sono passati sette anni, e che quindi non ha più senso, e sopratutto visto che non è che ci fosse stato un vero e proprio motivo, ma che fosse invece una cosa praticamente solo mia.

La seconda è una cosa che và avanti da parecchio. Come dicevo prima, non ho nessuno che mi stia davvero antipatico da "non ti avvicinare a meno di due metri da me che ti disintegro", infatti nella mia classa del liceo (16 anime, 17 con me) ero in buoni rapporti con tutti, chi più chi meno.
Tutti tranne lei.
Non mi dilungherò sulle motivazioni che mi portano tutt'ora al suo disprezzo, basterà dire che odio la mediocrità.
E che tra tutti e 16, lei è l'unica che fa un corso di laurea nella mia stessa sede.
L'unica.
L'unica.
Voglio dire. Non prendiamoci in giro dai.

By the way, eccoci a noi.
La terza.
La terza è questo genio (certo che è un genio. Se si permette di correggermi la pronuncia di francese a lezione davanti a tutti quando ho una prof pagata per quello, evidentemente deve essere un genio - leggi: ma anche no!) che non è proprio in corso con me; lei è di mediazione linguistica, io di lingue e letterature straniere, che sono due corsi paralleli. Tuttavia, il destino, o più verosimilmente lo scarso livello di organizzazione dell'università, ci ha portate a seguire insieme alcune lezioni.
Come francese.
E non è possibile che legga male una nasale e prima che la prof (che ci tengo a sottolineare, è bravissima) possa respirare per correggermi, questa facciadimerda (scusate il francesismo) si giri con aria supponente e mi corregga.


Nessuno può farmi sentire Ron Weasley. Nessuno.
Perchè la mia prima reazione è questa:







Ma se continui così vecchia, un banco in faccia te lo trovi.
E come si ricollega tutto questo ai libri?
Semplice.
Abbiamo passato le ultime quattro lezioni a fare "Paradiso Perduto" di Milton, e io onestamente non sapevo che "Satana" significasse "arcinemico".
Metto il link in cui spiega ciò.

Questo per dire che d'ora in poi la tizia che finirà spiattellata contro il muro a colpi di sedie complete di banchetti, si chiamerà "L'Arcinemica".
Capisco che tu mi corregga se siamo io e te o se siamo AMICHE, ma visto che so il tuo nome solo perché parli SEMPRE, fai fare alla prof il suo lavoro, per l'amor del cielo.
Che di sapientine del cazzo ne ho già odiate abbastanza.